La paura dell’acqua è del tutto normale perché, nonostante siamo composti per il 75-80% di acqua e, durante i nove mesi del concepimento siamo stati immersi nel liquido amniotico, una volta cresciuti abbiamo bisogno di riscoprirne il senso di benessere. Pensiamo che, mentre nei primissimi mesi di vita il riflesso natatorio nel bambino è ancora qualcosa di istintivo e non mediato dall’apprendimento cognitivo, mano mano che si forma la corteccia cerebrale il nuoto deve essere di nuovo appreso. Da qui, l’importanza di un corso di nuoto neonatale che abitua, da subito, il bambino al contatto con l’acqua, sensazione che getterà le basi per un’esperienza positiva con l’ambiente acquatico di piscina o mare anche negli anni successivi.
Ma vediamo meglio come si può agire quando ci accorgiamo che il bambino ha paura dell’acqua.
A che età si manifesta? Non a caso la paura di nuotare si manifesta generalmente nell’età in cui si comincia ad essere più coscienti, verso i 5 anni per raggiungere il suo picco verso i 7 anni e poi dissiparsi, come una bolla in mare, a 12 anni. Tutto dipende da come affrontiamo con lui/lei la paura, fin dai primi segnali, che generalmente sono associati a qualsiasi contatto con l’acqua, anche durante il bagno o la doccia ed ancor di più in piscina o al mare. I primi segnali sono irritabilità, pianto, capricci e rifiuto di entrare in acqua.
Come agire? E’ importantissimo sapere che forzare, irridere o costringere il bambino a fare ciò che non si sente di fare è sempre controproducente fino a creare veri e propri traumi. Per l’acqua il discorso vale ancora di più: se il bambino sente intorno a sé un ambiente poco sicuro è necessario trasmettergli sicurezza, quindi coccolarlo e avvicinarlo gradualmente alla riva, in caso del mare, o ai gradini in caso ci si trovi in piscina. Per non fargli percepire l’aspetto minaccioso delle onde o della profondità della piscina basta essere il più possibile naturale: anche la troppa prudenza o le troppe precauzioni possono indurre la paura dell’acqua.
Ecco, più in dettaglio, alcuni consigli ritagliati per l’habitat marino o quello più cittadino della piscina.
In piscina
Forse il modo più idoneo per affrontare la paura dell’acqua del proprio bambino è quella di introdurlo ad un corso di nuoto già in età prescolare in quanto la paura di nuotare non andrebbe trascurata. Da un lato può, infatti, pregiudicare la gioia da parte del bambino di godersi una vacanza al mare o in piscina e soprattutto potrebbe negargli di sviluppare delle potenzialità motorie necessarie per rimanere in forma.
Il ruolo dell’istruttore può essere molto importante nel trasmettere al bambino i giusti movimenti in acqua che possono restituirgli quella sicurezza di cui ha tanto bisogno per non sentirne più la paura e ai genitori per consegnargli gli strumenti opportuni con cui gestire l’approccio all’acqua dei propri bambini. In futuro potranno metterli in pratica da soli, in assenza dell’istruttore, durante le vacanze estive, con tutta la famiglia.
Una strategia da utilizzare, quando si è in piscina, è quella di portare il bambino a perlustrare l’ambiente prima di iscriverlo ad un corso, per farlo avvicinare al “nemico” in modo soft. Ci si può avvicinare alle vasche e fargli percepire l’acqua con calma, magari con dei giochi, dei gonfiabili, salvagenti a forma di papera, tutto quello che potrete trovare ad esempio in un centro estivo dove esperti educatori sanno come accogliere con attenzione e divertimento i bimbi.
Al mare
Mentre in piscina la temperatura è meno traumatica, in mare può rappresentare un altro fattore scoraggiante in quanto anche l’acqua fredda può irrigidire il bambino. La gradualità e la naturalezza, anche sulle sponde marine, sono la soluzione indicata: i bambini infatti apprendono quasi esclusivamente attraverso il linguaggio non verbale e non serve a nulla rimproverarli, cercare di convincerli a tutti i costi. Non ascolteranno le tue argomentazioni ma si lasceranno andare autonomamente quando percepiranno la spensieratezza con cui la sua mamma lo porta in acqua, facendolo giocare con le onde o mostrandogli le bellezze dell’ambiente. Seguendo sempre l’esempio la mamma potrebbe immergersi lei stessa in acqua, a riva, vicina al bagnasciuga e attendere che il piccolo pian piano si avvicini: se ti vedrà rilassata e felice farà altrettanto.
Al mare poi è più semplice farlo distrarre, prima sul bagnasciuga giocando con la sabbia, con le formine o mostrandogli le conchiglie, gli uccelli che planano sull’acqua e farlo familiarizzare e innamorare dell’acqua.
Il trucco è sempre quello di rispettare i suoi tempi, di non forzarlo, di seguirlo concedendogli però lo spazio necessario per esplorare in autonomia. Infine non dimenticare di fargli vivere il contatto con l’acqua in modo libero, in braccio e poi sorreggendolo, magari dalla schiena perché se lo affronta con un’armatura di salvagenti, occhialini e precauzioni varie non potrà mai coglierne l’aspetto positivo e giocoso. C’è il tempo per giocare a riva e, più avanti, con le onde con la sua mamma senza le costrizioni di strumenti salvagente e il tempo per infilare i braccioli con tutta la sicurezza di chi ha conosciuto l’apparente pericolo ed è pronto per dominarlo e divertirsi nuotando!